Dott. Massimo Saruggia

Le figure dell’anoressia

5 Marzo, 2022
Tempo di lettura: 3 minuti

Scegliete un angolo tranquillo della vostra casa o del vostro studio, accomodatevi su una poltrona (anche una sedia comoda va bene). Stiamo partendo per un breve viaggio intorno alle anoressie (notate il plurale non il singolare come in tutte le psicopatologie).

Sarà un viaggio per mare perché lo faremo in direzione di un arcipelago formato da molte isole. 

Anoressia e bulimia due facce dello stesso foglio

Le isole hanno vari nomi: passione per il niente, desiderio di morte, domanda di amore, contemplazione estetica della propria immagine, imperativo alla rinuncia, rifiuto dell’Altro. 

Secondo la mia prospettiva tuttavia, una comprensione della anoressia per la quale è insostituibile il lavoro di Massimo Recalcati, non ne capiremo molto se teniamo separate le due patologie dell’alimentazione: bulimia e anoressia assomigliano alle due facce di uno stesso foglio di carta che possono essere distinte ma non separate.

In entrambe la fame è sentita in un primo tempo come un pericolo, una minaccia per l’ordine e viene sottoposta a censura. Nel secondo tempo la pulsione che batte, incessante e profonda prende il sopravvento. Ma mentre nel mondo chiuso tra sé e il frigorifero della anoressica c’è una sorta di atmosfera religiosa e l’anoressica non cede (troppa volontà), avviene il contrario nella bulimia lasciando libera strada alla pulsione. Si può dunque dire che la bulimia è il fallimento della anoressia.

Esistono molte anoressie

La diagnosi. La diagnosi qui si fa a vista. L’anoressica è li, si vede. Ma a partire da ciò che vediamo troviamo differenze di personalità e di struttura soggettiva che devono essere rilevate per poter portare un aiuto o almeno un sollievo. Sembrano infatti tutte uguali le anoressiche ma sono una diversa dall’altra perché il fenomeno monocromatico della anoressia le ricopre in modo uniforme. Dunque è imperativo parlare di anoressie (sempre il plurale per tutte le psicopatologie) 

Rifiuto

Un primo quadro è quello del rifiuto non solo del cibo ma di tutto ciò che viene dall’altro (la diserzione dalla tavola comune intesa come invece dimensione dello scambio). Questo passaggio lo vediamo nelle anoressie precoci. Il bambino docile (la sua soddisfazione dipende dalla soddisfazione dei genitori) inizia a dire “no”, si contrappone. Il bambino è angosciato non dalla assenza dei genitori ma dalla loro presenza. Qui il rifiuto anoressico significa bisogno di differenziazione e di separazione. Non è un oggetto alimentato e manipolato ma un soggetto con sue esigenze. Al contrario si assiste spesso all’insistenza della domanda da parte dei genitori (“perché non mangi?”) la quale genera sempre un aumento della resistenza. Si sviluppa facilmente così una battaglia sull’oggetto cibo.

Mi ami?

Nella seconda figura della anoressia occorre pensare che il paziente abbia o abbia avuto un dubbio sull’amore dei genitori. Rifiuto l’oggetto, il cibo, per avere in cambio il segno, il segno d’amore. Lo fa a rischio di morire per vedere se l’altro può vivere senza di lui. La domanda è: tu mi puoi davvero perdere? Al contrario potremmo dire che la bulimia compensa la mancanza del segno d’amore divorando l’oggetto.

Non mi piaccio

Una terza e molto frequente figura è quella dell’adolescente (ma non solo) che non accetta il proprio corpo, non accetta l’esplosione della sessualità. L’esperienza della pubertà è quella di un corpo che non può essere governato (è difettoso, suda, ha troppe imperfezioni non è bello come si vorrebbe). Si sperimenta l’odio per il proprio corpo che sfugge a ogni controllo e non può essere governato. L’anoressia qui è un modo per ristabilire la padronanza sul proprio corpo e si stabilisce di conseguenza una religione atroce sul proprio corpo.  

Stai lontano da me

Una ulteriore figura è quella della anoressia come rifiuto dell’altro per tenerlo a distanza. L’altro è cattivo e pericoloso. Il mondo è una minaccia. Troviamo nella storia di questi pazienti molti trami, abusi, incidenti. La diversità è una difesa. Essere anoressica per essere inappetibili.

Volontà di morte

Da ultima la forma più grave e anche forse la più diffusa Più grave perché nelle altre forme il rifiuto è comunque una domanda, c’è in ogni caso una dialettica. Questa invece è l’anoressia melanconica senza domande e senza dialettica, 

Esiste solo il rifiuto, la volontà di morte 

Il corpo diventa un peso, l’anoressia è un suicidio differito. Spesso troviamo una storia familiare di genitori sideralmente distanti e anche il ricorrere di suicidi nella complessiva storia familiare. La comprensione di questi diversi quadri di anoressia è essenziale per opporsi alla tragica divinità di ANA che presenta l’anoressia come esito di una scelta eroica, come il risultato di una forma superiore di vita. Contro uno spirito scientista spesso dominante che macina le differenze per sminuzzarle.  

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