Covid-19, dopo ricovero serve supporto neuropsichiatrico e psicologico a lungo termine

26 Febbraio, 2021
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Secondo uno studio pubblicato su Plos One, i pazienti con Covid-19 ricoverati in ospedale hanno necessità di assistenza neuropsichiatrica nella fase subacuta della malattia e di supporto psicologico a lungo termine. «Oggi possiamo affermare con certezza l’importanza di un approccio neuropsicologico diagnostico e terapeutico precoce nei pazienti Covid-19 ricoverati in ospedale. I risultati del nostro studio mostrano per la prima volta quanto frequentemente si possano osservare deficit cognitivi (a breve e a lungo termine) in questa popolazione e l’influenza su di essi dei vari tipi di assistenza respiratoria» spiega Federica Alemanno, dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, prima autrice dello studio.
I ricercatori hanno valutato l’impatto del Covid-19 sulle funzioni cognitive dei pazienti ricoverati presso l’Unità di riabilitazione Covid-19 dell’Ospedale San Raffaele. Gli 87 pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti a test cognitivi tramite Mini Mental State Evaluation (MMSE), Montreal Cognitive Assessment (MoCA), Hamilton Rating Scale for Depression e Functional Independence Measure (FIM). I pazienti sono stati suddivisi in quattro gruppi in base all’assistenza respiratoria ricevuta nella fase acuta, ovvero intubazione orotracheale, ventilazione non invasiva con pressione bifasica positiva delle vie aeree, maschere di Venturi, o nessuna ossigenoterapia. Ebbene, nella fase subacuta l’80% delle persone ha presentato deficit neuropsicologici e il 40% ha sofferto di depressione da lieve a moderata. Il gruppo trattato con intubazione orotracheale, che era composto in generale da individui più giovani, ha ottenuto punteggi più alti del gruppo gestito con maschere di Venturi per funzioni visivo-spaziali ed esecutive, denominazione, memoria a breve e lungo termine, astrazione e orientamento. Solo 18 pazienti hanno presentato anosmia. Dopo un mese, al follow-up, oltre il 40% dei pazienti ha mostrato ancora segni di disturbo da stress post-traumatico. «La relativa riduzione dei disturbi cognitivi nei pazienti sedati e intubati suggerisce che una delle cause del disturbo cognitivo possa essere rappresentata dal vissuto in fase cosciente di tutto il percorso ospedaliero della malattia» afferma Alemanno. Gli autori concludono che, poiché un numero elevato di pazienti mostrava ancora disturbi dopo un mese, servirà un supporto psicologico e di training cognitivo anche a lungo termine, anche attraverso la telemedicina.

 

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