Alex Marchetti, presente, Lucia Dinicola, sì, Arianna Romeri, presente, Giorgio Pratesi, presente, Simone Presta, presente… ecco la mia classe, i miei compagni, 22 in tutto, 12 femmine e 10 maschi.
Terzo anno di liceo classico, tosto, si studia tanto se vuoi studiare se nò ripeti l’anno.
Non è il mio caso, voglio diventare informatico, e presto, subito e bene. Ho le idee chiare di cosa farò dopo presa la maturità: Università, master, estero, azienda tutta mia.
Il mio amico-socio ed io già sogniamo soldi, successo, donne, vita di velluto.
Ma torniamo alla classe.
Come in uno zoo, c’è l’immancabile “secchione” con gli occhiali, il cazzaro troppo simpatico già ripetente, l’agnostico, il bullo, il bullo-vittima, la svampita, la bruttarella ma dolce, quella in sovrappeso, e quella magrissima, l’invisibile, e le due bellissime da tutti noi maschietti sognate.
Poi ci sono io non classificato o classificabile, viaggio con votazioni dal 5 al 7, alti e bassi, benissimo in matematica e inglese, capace di grandi exploit in latino, come di tonfi da 4 in rosso.
Alle 14, fine, tutti a casa, non c’è più la campanella, la prof decide e chiude il registro e noi di fuori in un balzo.
Il mio sgangherato Scarabeo 125, mezzo sbilenco mi aspetta sempre in riserva di portarmi in sella, ma a più di due chilometri da casa si ammutolisce tristemente per mancanza di “benza”.
Vado giù con tutto il calendario di improperi, ma tanto sono fermo, e neanche 5 euro in tasca.
Sono le tre passate quando arrivo da mamma avvertita col cellulare.
Almeno un mega piatto di pasta ben condita e calda, per confortarmi lo trovo. Santa mamma!
Ora un po’ di PS4 sul divano, Call of Duty Black Ops, o Fifa 23, vediamo.
Il pomeriggio si svolge così tra un frammento di Saffo da tradurre dal greco e una call di minuti con gli amici del calcio.
Arranco oggi “non mi sento tanto per la quale”, ho dolori al basso ventre, forti sempre più forti. È da tempo che ne soffro, non subito dopo pranzo, ma nel mezzo pomeriggio. Che palle.
Forza Carlo, vestiti e andiamo, abbiamo appuntamento alle sei dal medico.
“Ancora, ancora dal medico!”. E basta !
“Basta un corno, dopo le tante analisi che abbiamo fatto, non abbiamo concluso nulla! E non hai nulla!
Ora si va dal mio vecchio Spadini, consultiamo lui, se no i mal di pancia te li tieni!”.
Stavolta una visita diversa, sia fisica che mentale, diversa perchè mi mette subito a mio agio, tifa per me, lo sento, mi vuole aiutare, e vuole sapere in dettaglio cosa mi accade, da quanto tempo, se c’è una coincidenza, un accaduto, un evento che possano coincidere con l’inizio dei miei “mal di pancia”.
E poi ancora che dolore percepisco, a puntura, a contrattura, come bruciore, o come? Quando nella giornata, se sono all’aria aperta, o solo in casa, o al chiuso.
E via, passo dopo passo si addentra in me, senza violenza, anzi, con cauto imbarazzo.
Poi scrive: Magnesia phosphorica in alte diluizioni, a cadenza settimanale, e al bisogno per le coliche, tre granuli di Colocynthis, alternati a Cuprum metallicum entrambi alla 5CH.
Qualche consiglio dietologico che già conoscevo e una stretta di mano vigorosa per me e un baciamano per mia madre che aspettava fuori, tranquillizzandola.
Ritorno sereno, chiacchiero volentieri in auto rallentati nel traffico e mia madre ride con me ascoltando i miei sogni di ragazzo avventuroso.
Poi mi fa segno, con il dito sulle labbra, di tacere, perché alza il volume della radio e allora cantiamo forte insieme a Mina, una sua canzone:
“Se telefonando potessi dirti addio, Ti chiamerei / Se rivedendoti fossi certa che non soffri, Ti rivedrei / Se guardandoti negli occhi…”