Redazione

La Vitamina D combatte il Parkinson

26 Settembre, 2020
Tempo di lettura: 2 minuti

La Vitamina D combatte il Parkinson

Quando i fratelli Cohen hanno girato “Non è un paese per vecchi”, memorabile pellicola del 2007, di certo non si riferivano all’Italia. Il Belpaese è, infatti, tra le nazioni con l’età media più alta al mondo. Basti pensare che, per ogni 100 persone con meno di 15 anni, ce ne sono 173 che ne hanno più di 65. In numeri assoluti parliamo di quasi 14 milioni di over-65, di cui 7 milioni hanno superato i 75 e sono quindi ad alto rischio di malattie neurodegenerative e decadimento cognitivo. Quello che in molti ignorano è che ci sono prove crescenti che tali tipi di disturbi, così come molti altri, possano essere arginati con una corretta alimentazione. Una nuova ricerca, in particolare, collega in maniera diretta alcune patologie dello spettro cognitivo quali il morbo di Parkinson con i livelli di Vitamina D nell’organismo.

Si tratta di uno studio condotto dall’Associazione Brain and Malnutrition (B&M) su 500 pazienti età media 70 anni (68% maschi e 32% femmine) affetti da malattia di Parkinson e un piccolo gruppo controllo (100 pazienti) selezionati tra gli accompagnatori. Per ognuno di loro B&M, in collaborazione con l’Osservatorio Grana Padano (OGP) ha valutato i livelli di vitamina D (sierici D-25OH), oltre ad aver raccolto i dati anagrafici e demografici e rilevato i dati antropometrici (peso, altezza, l’indice di massa corporea BMI). Attraverso un questionario elaborato per sondarne abitudini alimentari ed esposizione solare (che ha a sua volta un gran ruolo nella produzione endogena di Vitamina D), si è giunti a una stima piuttosto accurata dell’assunzione giornaliera di calorie, macronutrienti, micronutrienti e fluidi. I risultati hanno dato riscontro a quella che era l’ipotesi iniziale: è stato riscontrato uno stato di carenza (25 (OH) D <20 ng/ml) nel 65,6% dei pazienti, mentre il 26,6% ha trovato livelli  comunque insufficienti (20-30 ng/mL). I pazienti carenti di vitamina D sono correlati da una malattia più grave, sintomi clinici peggiori e maggiore compromissione delle funzioni cognitive globali. Pare quindi confermata l’ipotesi che la Vitamina D combatta il Parkinson.

“Possiamo più facilmente sostenere che i bassi livelli di vitamina D hanno un impatto negativo sulle caratteristiche cliniche della malattia di Parkinson – commenta la dott.ssa Michela Barichella Presidente di B&M Association e membro del Comitato scientifico OGP – Saranno necessari ulteriori studi interventistici per valutare i potenziali benefici sulla progressione della malattia del miglioramento dello stato cognitivo; possiamo però affermare che la vitamina D è un fattore determinante non solo per l’apparato muscolo scheletrico, ma anche per le malattie neurodegenerative e per la riduzione delle infezioni.”

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