Invecchiato precocemente, non ha mai avuto una giovinezza, una bellezza esteriore, nè interiore.
Volutamente antipatico, maligno, senza accorgersene usa parole acide, costituite da frasi pungenti, accompagnate dalla sola sua risata nata dal silenzio dei suoi pensieri amari.
Gli morì la moglie anni fa che gli dette due maschi, ben diversi da lui, che controvoglia, e si vede, regolarmente lo vanno a trovare nel suo appartamento disadorno, scomodo e poco pulito come lui.
Li riceve sempre (lo possiamo immaginare), con una maglia di lana spessa a pelle. Pantofole usurate che struscia sul pavimento come per lucidarlo.
“Dai apri sono io”.
“Non c’è mai da fidarsi di questi tempi”, risponde dandomi le spalle per tornare strisciando in camera da letto al caldo.
Odore dolciastro della casa, e vicino alla nausea colpisce il mio cervello, lontano da quel profumo di vestaglia blu di flanella, e di latte che era quello di mia madre, all’epoca…
Mi avvicino. “Come stai oggi”. Pongo questa domanda senza interrogazione, perché conosco già la risposta solita, fatta di bestemmie e di ironia sulla mia freddezza filiale.
“Hai pranzato, preso le medicine?” Chiedo, ma le mie parole sono coperte da suoi forti colpi di tosse catarrale, sibilante, asmatica.
“Si certo, ma non mi fanno niente, quel dottorino non ci capisce un cavolo fritto, dovrebbe andare a zappare la terra, invece di scrivere medicine inutili. Sai quanto spendo ogni mese? E meno male che ho l’invalidità, se no caro mio…”.
“Ma papà i soldi non ti mancano, due pensioni. Potresti permetterti una badante”.
Guizzo nei suoi occhi tra bramosia e rifiuto.
“Noo, troppi soldi poi ti derubano… poi ci siete voi … i miei cari figliuoli”.
Ora si è calmato, alla rabbia, si sostituisce l’estrema tristezza di un uomo finito.
È stanco, dimagrito, pallido, pervaso da un estremo freddo, sempre alla ricerca di calore irradiato.
Meticoloso, preciso, risparmiatore all’eccesso, avaro.
Quante volte ci ha gridato “non vi lascerò nulla, donerò tutti i miei averi alle suore comboniane qui sotto, è finita la pacchia…!”. Ma quale?
Rispondo tra i denti … meglio tacere. Perché mi fanno tenerezza quelle spalle scarne, quel suo passato sempre macerato nella rabbia e nella presunzione.
“Papà, ora devo andare, torno presto a pagarti le bollette. Chiama se hai bisogno”.
Anche queste mie parole mi schioccano nella testa come biglie di un biliardo giocato geometrico.
Il solito guizzo arsenicale corre nei suoi occhi, non ha pietà per se stesso, né per gli altri, non l’ha mai avuta, un bacio sfiorato, come saluto scendendo un piano di scale di un palazzo vecchio e unto di una Roma umbertina in Prati.
Arsenicum album è il suo farmaco, il suo simillimum.
Saranno prescritte capsule potenziate dalla 6K alla MK, una al dì, da sciogliere in bocca a digiuno.
Per i sintomi acuti possiamo, aggiungere quelli per l’asma, per la dermatite squamosa, per la gastrite erosiva. Integratori e antiossidanti possono coadiuvare la terapia.
I risultati? Evidenti nel tempo, con un addolcimento dell’anima e del suo carattere ritorto, contemporanei al miglioramento dei sintomi fisici.
Tempo dopo: “Pronto Carlo, sono io papà, volevo dirti che sei sempre stato un bravo ragazzo, anche Luca, vi voglio bene e vi aspetto qui da me presto, ci facciamo un bel pranzetto… la spesa però la fate voi…” e questa volta ride gioioso come un ragazzino.