Gli insegnamenti che ho ricevuto della cerimonia del tè

25 Agosto, 2022
Tempo di lettura: 7 minuti

Mi sono avvicinata al mondo del Tè in punta di piedi e mi sono resa conto da subito che quella del Tè è prima di tutto un’arte, un’arte complessa che va oltre la semplice preparazione di una buona bevanda per portarci in un mondo che, se solo riusciamo a guardare oltre la superficie, è davvero ricco di profondità e fascino. 

Una delle massime espressioni dell’arte del Tè si ha nel Cha No Yu 茶の湯, tradotto dal giapponese “acqua calda per il Tè” e nome col quale, ancora oggi, viene designata la Cerimonia giapponese del Tè, una delle cerimonie più suggestive.

Nonostante il tè nasca in Cina circa 5000 anni fa e arrivi in Giappone relativamente tardi (diventa bevanda popolare circa nel 1200), i giapponesi riescono a dare un loro imprinting all’arte del Tè e a farne un capolavoro tutto loro, che vede proprio la sua massima espressione  nella realizzazione del Cha No Yu. Come dice Kakuzō Okakura nel suo “Lo Zen e la Cerimonia del Tè”: “ Da noi il Tè è più che l’idealizzazione di una forma del bere, diventa una religione dell’arte del vivere. La bevanda è diventata un pretesto per praticare il culto della purezza e della raffinatezza”. 

Il primo maestro di cerimonia è Murata Yuko, ma è con Sen No Rkyū, uno dei più grandi maestri di Tè mai esistiti, che, nel 1500, questa cerimonia raggiunge il suo massimo splendore. Sen No Rikyū codifica la cerimonia in modo estremamente rigido e preciso, dettando quelle regole e quella struttura che la sostengono ancora oggi, tramandate dalla scuola Omotesenke. 

Il Cha No Yu è per prima cosa la celebrazione della semplicità e dell’umiltà, caratteristiche che poco si rifanno al concetto tutto europeo di cerimonia. Ma il Cha No Yu si sviluppa accanto allo Zen e bisogna entrare nel vivo della cultura giapponese per capirli entrambi.

Ci apparirà subito però che la semplicità ostentata da questa cerimonia nasconde dentro di sé una complessità enorme, esattamente così come la Natura. Occorrono anni per poterla padroneggiare, essere maestri di cerimonia non significa solo saper preparare abilmente una tazza di Tè, ma implica padroneggiare diverse arti che vanno dal giardinaggio all’arte della ceramica, delle lacche, della pittura, della calligrafia, dell’ikebana, l’arte giapponese della composizione dei fiori, che nasce proprio col Cha No Yu.

“Dopo 25 anni di studio io e Yukino-san muovemmo i primi passi per ottenere la qualifica di insegnante. -Il vero studio inizia adesso mi sa-, disse Yukino. Sì, ora iniziamo sul serio…” ci racconta la maestra Morishita Noriko nel suo bellissimo libro “Ogni giorno è un buon giorno”, che però aggiunge anche “ a scuola si impara a ragionare in modo da dare la risposta giusta stabilita, nel tempo stabilito. Più la risposta è esatta e rapida più è valutata… Per scoprire il Tè invece non ci sono limiti di tempo. Ognuno è libero di impiegarci 2 anni o più. Quando arriva il momento di comprendere si comprende. La maturità ha velocità diverse per ognuno. Non si è nemmeno più apprezzati se si comprende prima. Quelli che ci mettono più tempo e fanno uno sforzo per capire, acquisiscono una loro peculiare profondità”. Questo è il Tè.

Il Cha-Do: imparare a vivere in armonia con la Natura

Il Cha No Yu segue numerose regole base, ma prima di tutto segue il Cha-Do, la via del Tè (a questo punto abbiamo capito che Cha pronunciato Cià, in cinese così come in giapponese, significa Tè). Questa via semplicemente ci insegna a fare le cose come il Tè, ovvero a vivere in armonia con la Natura e rispettandola, dove per Natura si intende non solo l’ambiente che ci circonda, ma ogni cosa e ogni persona con le quali ci relazioniamo. Significa andare oltre la superficie, oltre la fretta della conoscenza, ed apprezzare ciò che si ha di fronte per quello che è, senza condizionamenti né pregiudizi, mirando alla sua vera essenza.  La pianta del Tè non cresce in tutti i terreni, ma solo in quelli che le consentono di esprimere al meglio le sue potenzialità; ha bisogno del giusto nutrimento per sopravvivere (la presenza di pesticidi, ad esempio, spesso rovina la bevanda!) e ha bisogno di cercare e creare armonia con la Natura attorno a sé. Questo è il Cha-Do. 

Armonia, Purezza, Rispetto e Tranquillità

Attraverso l’armonia con la Natura e grazie ad essa, il Cha No Yu è anche adorazione del Bello. 

Avviene all’interno della stanza del Tè, il Chashitzu, un stanza che viene  progettata dal maestro cerimoniere ed è preceduta da un giardino nel quale gli ospiti sostano all’arrivo. Inizia qui la Cerimonia, con l’ammirazione della bellezza casa-del-tènella contemplazione della perfezione della Natura. Il giardino non è curato secondo la nostra concezione occidentale, ma in armonia con lo stile del Cha No Yu. Famoso un aneddoto di Sen No Rikyū che rimprovera il figlio al quale aveva dato il compito di curare il giardino. Lui glielo fece trovare pulitissimo e ordinatissimo, ma il Maestro iniziò a scuotere gli alberi e a far cadere le foglie, proprio per ricreare la perfezione della Natura che non è ordine e rigorosità, ma implica la presenza dell’imperfezione. Ed è proprio l’imperfezione che ne detta la sua incommensurabile bellezza!

Gli ospiti siedono quindi su una panca del portico, il Machiai, aspettando che il maestro li inviti ad entrare, e a questo punto, dopo essersi lavati le mani e il viso ad una piccola fontanella in segno di purezza, varcano la porta del Chashitzu. Questa è molto bassa, non perché i giapponesi siano bassi, ma perché per poter entrare chiunque si deve abbassare, senza distinzione di ruolo, per entrare nella stanza inchinati, in segno di rispetto e di umiltà. 

Ora che siamo entrati nel Chashitzu non aspettiamoci opulenza e non restiamo delusi se lo troviamo spoglio, completamente disadorno e fatto di materiali semplici. Il Chashitzu è dedicato al Tè ed è Lui l’unico protagonista. La stanza, fatta di legno e carta di riso, che richiamano il contatto con la Natura, è vuota! L’unico punto in cui si potrà esporre un’opera d’arte è il Tokonoma, una nicchia ricavata in una parete nella quale il maestro esporrà una calligrafia, in genere un Haiku, con una frase che richiamerà l’ospite alla meditazione sul tema scelto. Ogni cerimonia ha infatti un tema che viene scelto dal maestro in armonia con la stagione del momento, così come in armonia con la stagione saranno gli utensili utilizzati. Nel Tokonoma potrà essere esposta anche una composizione floreale, un’ikebana, che avrà in genere un solo fiore, disposto con una grazia e un’armonia tutta giapponese e ben lontana dall’opulenza delle composizioni floreali che adornano le sale occidentali. A volte l’ikebana può essere affiancata da un quadro, ma solo se la loro armonia riesce a trasmettere uno stato d’animo particolarmente profondo, altrimenti si deve optare per la semplicità. 

A questo punto il maestro inizia il Temae, l’insieme dei gesti per preparare il Tè, e resteremo meravigliati dalla maestria con la quale preparerà il Matcha (nel Cha No Yu viene preparato esclusivamente il Tè Matcha, solo come Usucha, la bevanda diluita, nelle cerimonie abbreviate, o anche come Koicha, una bevanda densissima e cremosissima, in quelle più complete). Sono gesti che il maestro ha imparato a compiere in automatico, e gli vengono spontanei. Esiste un unico modo di eseguire il Temae, ogni cosa va presa e maneggiata in un modo soltanto: esiste un unico modo in cui la tazza, la Chawan, può essere presa, il Fukusa, il fazzoletto, piegato con gesti ritmati e così via. Questo non perché c’è un unico modo elegante per fare le cose, ma affinché anche il maestro, grazie a questa gestualità studiata e memorizzata alla perfezione, possa creare il vuoto nella sua mente.

Creare il Vuoto nella mente per ritrovare pace e serenità

I Kanji usati per scrivere il termine “stanza del Tè” possono essere tradotti in giapponese anche come “stanza del vuoto” e il  vuoto al quale si fa riferimento è quello celebrato da Miyamoto Musashi, il più grande Samurai di tutti i tempi, nel suo testo “il libro dei 5 anelli”. Musashi si riferisce al Vuoto come alla più grande forma di espressione della nostra mente, che arriva a capire il Vuoto, il non esistente, solo attraverso una grande conoscenza di tutto ciò che esiste. E’ una grande esortazione alla conoscenza quella di Musashi, una conoscenza che va oltre la superficie per penetrare la Quintessenza di ogni cosa, liberandosi del pregiudizio e condizionamento della mente. 

Questo quindi deve avvenire nella stanza del Tè, la liberazione da tutto ciò che ostruisce la nostra mente per ricreare l’armonia del Vuoto, che poi è anche il principio alla base della meditazione Zen.

Wabi Sabi e Ichi-Go Ichi-E: i due insegnamenti più affascinanti del Cha No Yu

Wabi Sabi è un concetto che non ha una precisa traduzione, perché è un concetto insito nella mente di ogni giapponese, un suo proprio modo di approcciarsi alla vita. Se proprio vogliamo tradurlo possiamo dire che Wabi Sabi è la capacità di trovare il Bello nell’imperfezione della quotidianità. Nessuno di noi ha scelto dove nascere, e molto di ciò che siamo è genetica, ma il nostro approccio alla vita dipende da noi ed è quello che ci permette di vivere appieno la vita o di lasciarci sopraffare da essa. Un approccio Wabi Sabi ci consente non solo di accettare l’imperfezione e l’impermanenza delle cose, ma addirittura di trovare in esse il Bello, che è prima di tutto un’espansione della nostra consapevolezza verso una migliore versione della nostra quotidianità. Non è semplicemente trovare il lato positivo delle cose, no, è qualcosa di più, è trovarne la Bellezza, che per l’Wabi Sabi è il saper andare in profondità, alla Quintessenza di ogni evento, di ogni persona che incontriamo, di ogni emozione che proviamo, perché lì sta la Verità, lì sta la Bellezza. La Bellezza è ovunque, se soltanto scegliamo di accorgerci della sua presenza. Impariamo così ad accogliere. Ad accogliere gli eventi, le gioie, così come le avversità, ad accogliere gli errori, che non sono altro che dirette conseguenze di nostre scelte passate, che non vanno demonizzati, respinti, cancellati o approcciati con rimpianti o sensi di colpa, ma vanno semplicemente accolti, senza una mentalità giudicante o colpevolizzante; accolti e interiorizzati per cogliere la Bellezza della loro presenza nella nostra vita. Questo è l’Wabi Sabi.

Ichi-Go Ichi-E può essere tradotto invece come “Una volta, un incontro” (Ichi, pronunciato icì, significa “uno” in giapponese) e si riferisce al fatto che ogni momento che viviamo è unico e irripetibile e va assaporato fino in fondo, perché quel momento, adesso, è tutta la nostra vita. Il Tè Matcha, per quanto la sua preparazione sia rigorosamente codificata, non sarà mai uguale alla volta precedente e non sarà mai uguale alla successiva, per quanto il Temae sia eseguito dallo stesso maestro nella stessa stagione dell’anno. Questo perché diverso sarà l’incontro del Tè con l’acqua, del Tè con lo stato d’animo del maestro, ma anche con quello dell’ospite. Quindi assaporiamolo fino alla fine, godiamone fino in fondo e ringraziamolo per essersi presentato alla nostra esistenza. 

Questa è la complessità del Cha No Yu, un inno alla Bellezza, all’Armonia, all’Imperfezione, alla Natura, un inno alla Vita.

Quale sarebbe l’Haiku che esporresti ora nel Tokonoma della tua stanza del Tè?

Ti lascio il mio: “Dove sei stato posato, fiorisci! 

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