Redazione

Il Covid danneggia la fertilità maschile: lo studio

Lo studio presentato al Congresso della Società europea di riproduzione umana ed embriologia
7 Settembre, 2023
Tempo di lettura: 2 minuti

La fertilità maschile sta diventando un problema globale. Già oggi esistono studi che mostrano prospettive drammatiche: nel 2070 gli uomini occidentali potrebbero non essere più in grado di generare figli.  Non lo sosteniamo noi, né qualche pericoloso spacciatore di fake news, lo sostiene La Società Italiana di Andrologia per bocca del suo presidente, Alessandro Palmieri, Professore Associato di Urologia all’Università Federico II di Napoli. “In appena 40 anni, gli uomini occidentali hanno visto calare del 52,4% la concentrazione degli spermatozoi (…) Se il trend continuerà e non verrà arrestato, entro il 2070 si perderà oltre il 40% della fertilità maschile con serissimi pericoli per la procreazione nei Paesi Occidentali, se non cambieremo l’ambiente che ci circonda, le sostanze chimiche a cui siamo esposti e il nostro stile di vita”.

Il Covid danneggia la fertilità maschile: lo studio

In un quadro simile, già tutt’altro che rassicurante, si aggiunge un nuovo studio che mostra come il Covid potrebbe aver lasciato danni permanenti ai maschi che lo hanno contratto, anche in forma lieve. Uno studio spagnolo presentato al Congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre) ha rivelato che l’infezione da Sars-CoV-2 potrebbe danneggiare la fertilità maschile a lungo termine. I ricercatori hanno arruolato 45 uomini in sei cliniche della riproduzione spagnole tra febbraio 2020 e ottobre 2022. Tutti gli uomini avevano una diagnosi confermata di Covid lieve e sono stati prelevati campioni di sperma prima e dopo l’infezione, tra 17 e 516 giorni dopo.

Gli effetti sullo sperma

I risultati hanno mostrato una differenza significativa nei parametri del seme, con una riduzione nel volume di sperma (-20%, da 2,5 a 2 millilitri), nella concentrazione di spermatozoi (-26,5%, da 68 a 50 milioni per ml), nella conta degli spermatozoi (-37,5%, da 160 a 100 milioni/ml), nella motilità totale (-9,1%, dal 49% al 45%) e nella percentuale di spermatozoi vivi (-5%, dall’80% al 76%). Interessante è il fatto che la compromissione della qualità dello sperma potrebbe non essere dovuta a un effetto diretto del virus Sars-CoV-2, ma potrebbero esserci altri fattori coinvolti. Ad esempio, variazioni intense nel testosterone, un ormone chiave nella salute riproduttiva maschile, sono state segnalate in pazienti con infezione da Covid.

Le origini del danno biologico

Questo studio non ha misurato i livelli ormonali, quindi ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno i meccanismi sottostanti. Il danno alla qualità dello sperma sembra persistere anche a lungo termine, anche dopo oltre tre mesi dall’infezione. Per fortuna la riduzione della qualità dello sperma rientra ancora nei criteri di normalità definiti dall’Organizzazione mondiale della sanità. Non è ancora chiaro, quindi, se questa riduzione si traduca in una ridotta fertilità. Saranno necessarie ulteriori ricerche per esplorare questa connessione.

Una panoramica completa dei danni ambientali alla fertilità

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